martedì 6 ottobre 2020

La critica del confucianesimo e la lotta tra le due linee in seno al Partito comunista cinese (novembre 1974)

Articolo a firma di Chin Shih-Pai di studio delle tesi del presidente Mao sulla critica del confucianesimo. Questo testo è uno di quelli che la redazione delle Opere di Mao Tse-tung ha ritenuto utile pubblicare assieme ai testi redatti da Mao Tse-tung o redatti sotto la sua direzione. Essi sono redatti da organismi o portavoci della linea e protagonisti delle iniziative politiche dirette da Mao Tse-tung e, a parere della redazione, aiuteranno il lettore a conoscere meglio sia la lotta di classe nel cui contesto si inserisce il pensiero di Mao Tsetung sia la comprensione che di essa ebbero i suoi più vicini compagni di lotta.


Confucio era il rappresentante, sul piano ideologico, della classe dei proprietari di schiavi, la prima classe reazionaria rovesciata della storia. La sua ideologia che auspicava il regresso e la restaurazione risponde ai bisogni politici di tutte le classi reazionarie corrotte e moribonde. I capifila delle linee opportuniste in seno al nostro partito, Liu Shao-chi e Lin Piao compresi, hanno tutti utilizzato la dottrina di Confucio e di Mencio come arma ideologica nella loro opposizione al marxismo-leninismo e alla linea rivoluzionaria del presidente Mao. Già durante il movimento del 4 maggio 1919, nel corso della lotta per la rivoluzione antimperialista e antifeudale, il presidente Mao criticò la scuola confuciana in modo incisivo. Nel corso del successivo mezzo secolo, lottando contro le linee opportuniste in seno al partito, egli criticò ininterrottamente Confucio e i suoi seguaci. Questa critica faceva parte della critica alle linee erronee.
Il presente articolo si limita a esaminare una parte delle tesi, già rese pubbliche, del presidente Mao sulla critica del confucianesimo in modo da studiare l’esperienza storica accumulata dal nostro partito collegando questa lotta alla critica del confucianesimo.

Periodo della rivoluzione di nuova democrazia

Durante la prima Guerra civile rivoluzionaria (1924-1927), una dura lotta, la prima lotta tra le due linee nella storia del nostro partito, oppose la linea rivoluzionaria del presidente Mao alla linea opportunista di destra di Chen Tu-hsiu (1). Sebbene questi, che si teneva su posizioni democratico-borghesi, avesse lanciato la parola d’ordine rivoluzionaria “Abbasso la scuola confuciana”, successivamente la tradì del tutto e fece appello allo spettro di quella scuola quando applicò la sua linea opportunista di destra. A quel tempo i movimenti rivoluzionari operaio e contadino presero vigorosamente slancio in tutto il paese, in particolare il movimento contadino si sollevò tempestosamente. In questa svolta cruciale dello sviluppo della rivoluzione Chen Tu-hsiu oppose la dottrina di Confucio e di Mencio alla rivoluzione e alla linea rivoluzionaria proletaria del presidente Mao, dichiarando che “per un periodo piuttosto lungo, si deve seguire una linea di eclettismo e del giusto mezzo”. La linea di Chen Tu-hsiu, una linea opportunista di destra che “voleva l’unione e rifiutava la lotta”, comportava l’abbandono della direzione della rivoluzione nelle mani dei reazionari del Kuomintang e la salvaguardia della dittatura dei proprietari terrieri e della borghesia. Chen Tu-hsiu, che faceva coro con i controrivoluzionari, definì il movimento contadino “sinistrorso”, “oltranzista” e lo calunniò perfidamente gridando che “andava molto male”: la sua ambizione era di soffocare quel vigoroso movimento. Se si voleva proseguire nella rivoluzione, bisognava smascherare la natura reazionaria di questa linea e criticare la dottrina di Confucio e di Mencio sulla quale si basava questa linea che cercava di ingannare e spaventare la gente per combattere la rivoluzione.
Il Rapporto d’inchiesta sul movimento contadino nello Hunan, scritto dal presidente Mao nel marzo del 1927, costituì una requisitoria militante contro Chen Tu-hsiu e la dottrina di Confucio e di Mencio. Nel rapporto, egli criticò e denunciò l’opportunismo di destra di Chen Tu-hsiu, stigmatizzò le assurdità controrivoluzionarie che tacciavano di “eccessivo” il movimento contadino, espose il punto di vista dialettico rivoluzionario “per raddrizzare qualcosa bisogna piegarla in senso inverso” e criticò in modo incisivo la regola di condotta del “tenersi nel giusto mezzo”. Questa regola, arma teorica di Confucio per opporsi alle riforme sociali e restaurare lo schiavismo, venne utilizzata più tardi da tutti i reazionari e da tutti i conservatori nella loro opposizione alle riforme, alla rivoluzione e al progresso. Basandosi su questa regola di condotta assurda che difendeva gli interessi delle classi reazionarie e decadenti, Chen Tu-hsiu e soci rimproverarono al movimento contadino di essere “eccessivo” e impedirono ai contadini di spezzare il vecchio ordine “mangiatore e uccisore di uomini” della classe feudale dei proprietari terrieri. Rendendo colpo per colpo, il presidente Mao sottolineò: “La rivoluzione non è un pranzo di gala, né un’opera letteraria, né un disegno o un ricamo; non può avvenire con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, amabilità, cortesia, misura e generosità d’animo”. “La rivoluzione in campagna è l’abbattimento da parte dei contadini del potere feudale dei proprietari terrieri. A meno di dispiegare gli sforzi più grandi, i contadini non riusciranno mai a rovesciare il potere dei proprietari terrieri, potere che si è saldamente stabilito nel corso di millenni”. Quindi, “per raddrizzare qualcosa, bisogna piegarla in senso opposto; altrimenti non si può renderla dritta”. Queste brillanti idee del presidente Mao sono delle armi acuminate che incoraggiano i popoli rivoluzionari a osare lottare e osare vincere.
Nell’articolo, il presidente Mao enumerò quattordici importanti conquiste del movimento contadino per confutare le calunnie dei reazionari e degli opportunisti. Lodò calorosamente quel movimento, affermando che era “l’avanguardia della rivoluzione” e che “andava molto bene”. Molte delle quattordici conquiste erano né 119 più né meno che una dichiarazione di guerra alla dottrina di Confucio e di Mencio. Testimonianze eloquenti: le grandi masse contadine respinsero le “tre principali regole di condotta e le cinque virtù costanti”(2) raccomandate dalla predetta dottrina e insorsero per rovesciare il potere politico dei proprietari terrieri, l’autorità del clan (potere del tempio degli antenati e del capo del clan), l’autorità religiosa (potere fondato sul dio protettore della città e sulle divinità locali) e l’autorità maritale che opprimeva le donne. “Queste quattro forme di potere (politico, del clan, religioso e maritale) rappresentano il complesso dell’ideologia e del sistema feudale patriarcale e sono le quattro grosse corde che legano il popolo cinese e in particolare i contadini”. Combattere queste quattro forme di potere, il cui fondamento teorico riposa sulla dottrina di Confucio e di Mencio, significava criticare l’essenza stessa di questa dottrina. Senza alcuna ambiguità, il presidente Mao fece della lotta anticonfuciana una parte importante della lotta rivoluzionaria. La via percorsa successivamente dalla rivoluzione cinese mostra in modo eloquente che ogni progresso della rivoluzione e ogni passo avanti del popolo si è tradotto in una lotta contro la dottrina di Confucio e di Mencio e contro tutte le altre ideologie delle classi reazionarie e decadenti. Servirsi del marxismo-leninismo per criticare il confucianesimo è un compito militante di lungo respiro della rivoluzione cinese sul fronte politico e ideologico.
Dopo la liquidazione della linea capitolazionista di destra di Chen Tu-hsiu, per tre volte fece la sua apparizione nel nostro partito la linea opportunista “di sinistra”. Fu soprattutto l’opportunismo “di sinistra” di Wang Ming(3) che dominò più a lungo nel nostro partito e che gli causò i danni maggiori. Allo stesso modo di Chen Tu-hsiu questi opportunisti “di sinistra” erano tutti degli adoratori di Confucio e dei partigiani dell’idealismo e della metafisica confuciana. Essi si opponevano al fatto che la verità universale del marxismo-leninismo fosse combinata con la pratica della rivoluzione cinese, non capivano niente né della teoria della rivoluzione cinese né della pratica guidata da questa teoria e non facevano né inchieste né studi sulla storia e sulle condizioni reali della Cina. Facendo passare l’idealismo soggettivista per materialismo dialettico diffondevano concezioni mistiche del tipo profetico vantato dai partigiani di Confucio e di Mencio per diffamare e combattere il marxismo-leninismo. L’idealismo soggettivista era il fondamento ideologico della loro linea che raccomandava “una lotta dura senza unione”.
Per liquidare completamente sul piano ideologico queste linee opportuniste, il presidente Mao scrisse alcune opere brillanti come Contro la mentalità librescaSulla pratica e Sulla contraddizione. In queste opere fece il bilancio dell’esperienza storica accumulata nelle lotte contro le linee opportuniste “di sinistra” e di destra, criticò l’idealismo e la metafisica confuciani dei loro autori, continuò, salvaguardò e sviluppò il materialismo storico e dialettico.
In Contro la mentalità libresca, il presidente Mao afferma: “Diciamo che il marxismo è una teoria giusta, non perché Marx è un ‘profeta’, ma perché la sua teoria si è verificata nella nostra pratica, nella nostra lotta. Abbiamo bisogno del marxismo nella nostra lotta. Accettando questa teoria, non abbiamo in mente alcuna idea formalistica o mistica come quella di ‘profeta’”. Confucio si fece passare per un “saggio” e i suoi adoratori di tutti i tempi portarono alle stelle sia lui che i suoi pari assimilandoli a dei “profeti”. Ciò significa mettere l’apriorismo, teoria idealista, contro la pratica rivoluzionaria delle masse popolari e tutte le idee progressiste che rispondono ai bisogni dello sviluppo sociale. Criticando con acutezza il punto di vista idealista, estremamente errato, degli opportunisti “di sinistra”, che consideravano il marxismo “profetico”, il presidente Mao sottolineò che la teoria rivoluzionaria proveniva dalla pratica rivoluzionaria, che quella doveva verificarsi in questa e che l’idea mistica di “profeta” era del tutto incompatibile col marxismo. Il sottotitolo di Sulla pratica, il rapporto tra la conoscenza e la pratica, tra il sapere e l’azione, mostra chiaramente che la critica è rivolta direttamente contro l’apriorismo idealista di Wang Ming e di Confucio che disprezzavano la pratica e ritenevano che conoscenze e capacità fossero innate. In modo penetrante il presidente Mao espose la teoria materialista dialettica della conoscenza: pratica-teoria-pratica, osservando esplicitamente: “La nostra conclusione è l’unità storica, concreta, di soggettivo e oggettivo, di teoria e pratica, di sapere e di azione; siamo contro tutte le concezioni errate ‘di sinistra’ o di destra, separate dalla storia concreta”. In Sulla contraddizione, criticò di nuovo, in modo diretto, il pensiero metafisico di Wang Ming e denunciò il carattere reazionario della tesi metafisica predicata da Tung Chung-chou(4) , capo degli adoratori di Confucio della dinastia degli Han occidentali (206 a.C. - 8 d.C.) secondo la quale “il Cielo è immutabile, immutabile è il Tao”. Questa filosofia reazionaria tenta di far credere che i regimi di sfruttamento e di oppressione esistono dall’antichità ed esisteranno per sempre, per opporsi così alle riforme sociali e alla rivoluzione popolare. Questa concezione metafisica fu al servizio, durante i secoli, della decadente classe dominante feudale. Recuperando queste logore armi della dottrina di Confucio e di Mencio, gli opportunisti miravano a salvaguardare la dominazione reazionaria del Kuomintang, a sabotare la causa rivoluzionaria del popolo e a impedire il progresso della storia. I comunisti e tutti i rivoluzionari hanno il compito di denunciare senza esitazioni le linee erronee della reazione e della metafisica, di diffondere la dialettica relativa alle cose e ai fenomeni e di contribuire al loro cambiamento in modo da giungere alla rivoluzione.
Quello stesso Wang Ming che si pretendeva “bolscevico al cento per cento” ma detestava mortalmente il materialismo dialettico, passò, al tempo della Guerra di resistenza contro il Giappone (1937-1945), dall’ultrasinistra all’estrema destra, predicando “tutto attraverso il fronte unito” e “tutto per il fronte unito”. Era un ritorno alla linea opportunista di destra di Chen Tu-hsiu dell’“unione senza lotta” e assegnava al Kuomintang la direzione della Guerra di resistenza contro il Giappone. Per avvalorare la sua linea erronea, egli avanzò di nuovo la dottrina di Confucio e di Mencio, predicando chiassosamente che bisognava far regnare “fedeltà, pietà filiale, benevolenza, coraggio, riti, giustizia, sobrietà e pudore” presentati come “tradizioni magnifiche della grande nazione cinese”. Sbraitava che bisognava agire in modo che le classi, i partiti e gli eserciti che prima erano antagonisti “si facessero concessioni reciproche”, “si rispettassero” e “si amassero” sotto la bandiera della “benevolenza e dell’amore”. In realtà voleva che il Partito 121 comunista cinese e il popolo cinese si prosternassero davanti a Chiang Kai-shek e lo lasciassero torchiare la nazione a suo piacimento, per poi tradirla e infine capitolare. La linea opportunista di destra di Wang Ming danneggiò gravemente gli interessi del partito e del popolo. Il presidente Mao scrisse allora Sulla nuova democraziaL’orientamento del movimento giovanileIntroduzione a “Il Comunista”Contro lo stile stereotipato nel partitoDiscorsi alla conferenza di Yenan sulla letteratura e l’arte, nei quali fece il bilancio dell’esperienza storica della lotta tra le due linee, avviata dal Movimento del 4 maggio e sottolineò che la lotta contro lo stile stereotipato nel partito era la continuazione della lotta contro lo stile stereotipato della vecchia Cina(5). Il movimento di rettifica dello stile di lavoro a Yenan(6), personalmente diretto dal presidente Mao, permise di eliminare radicalmente le influenze della linea di Wang Ming sul piano ideologico e politico e di criticare il confucianesimo.
La teoria della “natura umana” lodata dalle classi sfruttatrici è alla base della concezione del mondo di tutte le classi sfruttatrici reazionarie e degli opportunisti. Essi usano sempre questo concetto ipocrita per ingannare il popolo, attenuare le distinzioni tra le classi, minare la volontà di lotta e sabotare la lotta rivoluzionaria. Wang Ming non fece eccezione. Issando la bandiera confuciana della “benevolenza e dell’amore” cercò di celare la natura della sua linea capitolazionista. Nei suoi Discorsi alla conferenza di Yenan sulla letteratura e l’arte, il presidente Mao osservò in modo penetrante: “Quanto al preteso ‘amore dell’umanità’, non è mai esistito un amore così generale da quando essa è divisa in classi. Tutte le classi dominanti del passato si sono compiaciute di predicare un tale amore e molti ‘saggi’ hanno fatto lo stesso, ma nessuno lo ha ancora messo realmente in pratica, dato che è una cosa impossibile nella società divisa in classi”. I “saggi” criticati in questo brano dal presidente Mao hanno come rappresentante numero uno quel Confucio che diceva a ogni piè sospinto che “un uomo benevolo ama tutti i suoi simili”. Ciò costituisce sia una ferma denuncia dell’essenza ideologica della linea capitolazionista di Wang Ming che una tagliente critica del carattere reazionario e ipocrita della dottrina di Confucio e di Mencio.
Per smascherare la natura di classe dei reazionari sia all’interno che all’esterno del paese e dei capifila delle linee opportuniste, tutti adoratori di Confucio, il presidente Mao fece osservare in Sulla nuova democrazia: “In Cina esiste anche una cultura semifeudale, riflesso della politica e dell’economia semifeudale del paese; i suoi rappresentanti comprendono tutti coloro che vantano il culto di Confucio, lo studio del canone confuciano, la vecchia morale e le vecchie idee e che si oppongono alla nuova cultura e alle nuove idee. La cultura imperialista e la cultura semifeudale sono due sorelle molto unite che hanno contratto un’alleanza reazionaria per opporsi alla nuova cultura cinese. Queste culture reazionarie sono al servizio degli imperialisti e della classe feudale e devono essere abbattute”. Il fatto che le culture imperialista e semifeudale diventassero due sorelle molto unite era il riflesso della politica e dell’economia della vecchia Cina, semifeudale e semicoloniale. Mossi dal comune obiettivo reazionario di sfruttare e di opprimere il popolo cinese, l’imperialismo e la La critica del confucianesimo e la lotta tra le due linee in seno al PCC Mao Tse-tung - OPERE 122 classe feudale dei proprietari terrieri collaborarono sul piano politico e strinsero un’alleanza sul piano culturale. La dottrina di Confucio e di Mencio, ideologia a favore della reazione e della restaurazione dei proprietari di schiavi in declino, è stata sempre, nella storia cinese, subordinata alle forze delle classi reazionarie e corrotte. Dopo l’invasione dell’imperialismo, la Cina fu subordinata alle forze d’aggressione imperialiste e la dottrina di Confucio e di Mencio diventò il pilastro spirituale dell’opposizione al popolo e alla rivoluzione. L’aggressione culturale imperialista si combinò con la dottrina di Confucio e di Mencio per ingannare e addormentare il popolo cinese. Nella storia moderna e contemporanea della Cina, Tseng Kuo-fan(7), Li Hung-chang(8), Chiang Kai-shek e Wang Ching-wei(9) sono stati tutti adoratori di Confucio e del suo canone e nello stesso tempo si sono prosternati davanti a ciò che è straniero, vero tradimento nazionale. I capifila delle linee opportuniste in seno al partito, essendo agenti dei proprietari terrieri e della borghesia, veneravano tutti Confucio e le cose straniere; alcuni di loro diventarono persino degli agenti del nemico e dei traditori della nazione. Ma “ogni azione regressiva provoca in definitiva un risultato contrario a quello che prevedono i suoi istigatori. A questo non vi sono mai state eccezioni né in passato né nel presente, né presso di noi né all’estero”. Le culture imperialista e semifeudale, queste due sorelle unite nella sventura, non poterono impedire la marcia in avanti del popolo cinese il quale, sotto la direzione del presidente Mao e del Partito comunista cinese, continuò a riportare grandi vittorie nella sua lotta contro l’imperialismo e il feudalesimo.
Durante la Guerra di liberazione (1946-1949) la Cina si trovò di fronte a una battaglia decisiva in cui si scontravano due futuri e due destini. Per mantenere la loro dominazione sanguinaria, i reazionari del Kuomintang e gli scribacchini al loro soldo issarono di nuovo la sinistra bandiera di Confucio. Liu Shao-chi, rinnegato, agente del nemico e traditore della classe operaia, divenne il loro agente nel nostro partito. Egli era da sempre un ammiratore di Confucio: già nel 1925, quando fu imprigionato, tradì la causa e potè in tal modo uscire di prigione portando con sé i Quattro libri (cioè i quattro classici della scuola confuciana: il Grande studiol’Invariabile mezzo, i Colloqui di Confucio e le Opere di Mencio) donatigli da un signore della guerra reazionario. Si intrufolò poi nuovamente nelle file rivoluzionarie. Nel 1939 pubblicò per la prima volta il suo sinistro libro sul perfezionamento individuale, che lodava la dottrina di Confucio e di Mencio(10). Al tempo della Guerra di liberazione cominciò coll’avanzare il programma reazionario della “nuova fase di pace e democrazia” per opporsi alla guerra di popolo, poi pretese che bisognava “sull’esempio di Confucio, incoraggiare l’indulgenza” nel
tentativo di impedire al popolo, diretto dal nostro partito, di conquistare la vittoria su scala nazionale. Fare la rivoluzione fino in fondo o bloccarla a metà strada? Ecco una questione di importanza capitale da cui dipendevano il futuro e il destino della Cina. In Condurre la rivoluzione fino in fondo, scritta a quell’epoca, il presidente Mao criticò severamente l’“indulgenza” confuciana osservando acutamente: “Il popolo cinese non prova mai pietà per i cattivi della specie dei serpenti; ritiene assolutamente a ragione che coloro che dicono 123 perfidamente che bisogna averne compassione, anche a costo di sfidare l’usanza del paese o di mancare di grandezza d’animo, ecc., non sono dei veri amici del popolo cinese”. “Fare la rivoluzione fino in fondo significa usare metodi rivoluzionari per annientare risolutamente, radicalmente, integralmente e totalmente tutte le forze della reazione”. Guidato dalla linea rivoluzionaria del presidente Mao, il popolo cinese, irresistibile, spazzò via il nemico. Era arrivata l’ora in cui la dinastia di Chiang Kai-shek sarebbe totalmente sprofondata e sarebbe sorta una nuova Cina sotto la dittatura del proletariato.
In quel momento cruciale della rivoluzione, le forze reazionarie, che non si rassegnano mai alla sconfitta, presero a dibattersi blaterando, al modo di Confucio e di Mencio, di “benevolenza, giustizia e virtù” per rimproverare con virulenza al potere rivoluzionario di essere sprovvisto di “benevolenza”. Allora il presidente Mao scrisse Sulla dittatura democratica popolare e altre opere, nelle quali criticò in modo incisivo la teoria del “governo basato sulla benevolenza” predicata da Confucio e da Mencio e confutò categoricamente gli attacchi lanciati dai reazionari, da Liu Shaochi e dai suoi soci contro la dittatura del proletariato. Restituendo colpo su colpo, sottolineò: “Noi non siamo benevoli. È perfettamente vero. Noi non useremo mai una politica di benevolenza verso le attività reazionarie degli elementi e delle classi reazionarie”. L’apparato statale è sempre uno strumento di violenza attraverso il quale una classe ne opprime un’altra e non qualcosa di “benevolo”. Confucio, il fondatore della teoria del “governo basato sulla benevolenza” fece giustiziare Chao Cheng-mao che diffondeva delle idee di riforme, tre mesi dopo aver preso il potere. All’insegna della parola d’ordine “Sterminare i banditi è praticare la benevolenza”, Chiang Kai-shek, il capofila della controrivoluzione, massacrò migliaia e migliaia di comunisti e di altri rivoluzionari. I governi imperialisti, che avevano la bocca piena di parole come benevolenza, giustizia, virtù, non le hanno mai messe in pratica e non hanno mai detto la verità. Erano invece quotidianamente occupati a svolgere attività controrivoluzionarie. Risulta così chiaramente l’essenza estremamente ipocrita e reazionaria della teoria del “governo basato sulla benevolenza”. Non esiste un tale governo al di sopra delle classi, esiste solo la dittatura esercitata da una classe sull’altra: “Tutta l’esperienza accumulata dal popolo cinese nel corso di molte decine d’anni ci insegna ad applicare la dittatura democratica popolare”. “Se il popolo rivoluzionario non riesce a padroneggiare il metodo che permette di esercitare la dominazione sulle classi controrivoluzionarie, allora non sarà in grado di mantenere il potere statale, la reazione, interna ed esterna, lo rovescerà per restaurare la sua dominazione in Cina e il disastro si abbatterà sul popolo rivoluzionario”. Il presidente Mao espose in modo profondo la quintessenza della teoria marxista dello Stato ed elaborò un grande programma per installare e consolidare la dittatura del proletariato in Cina. La critica del “governo basato sulla benevolenza” espresse il completo fallimento del complotto ordito dai reazionari del paese e dell’estero e dagli opportunisti in seno al partito, che cercavano di servirsi della dottrina di Confucio e di Mencio per ostacolare l’avanzata della rivoluzione cinese.

Periodo della rivoluzione socialista

Con la fondazione della Repubblica popolare cinese, il nostro paese entrò nel periodo della rivoluzione socialista che ha, come contraddizione principale, quella tra proletariato e borghesia. Lotte ripetute e accanite opposero la linea rivoluzionaria proletaria del presidente Mao alle linee revisioniste di Liu Shao-chi e di Lin Piao. Seguire la via socialista o capitalista, consolidare la dittatura del proletariato e far avanzare la rivoluzione o restaurare il capitalismo e far girare indietro la ruota della storia: era questo il punto nodale di tali lotte. L’essenziale della dottrina di Confucio e di Mencio era la restaurazione e la regressione; sotto il socialismo, per restaurare il capitalismo, i capifila dell’opportunismo sposano sempre questa dottrina. Il suo spettro si è reincarnato nei revisionisti controrivoluzionari. Di conseguenza, durante questo periodo, la lotta tra le due classi e le due linee è sempre stata unita alla lotta tra coloro che combattono il confucianesimo e coloro che lo venerano.
Nell’imminenza della fondazione della Repubblica popolare cinese, Liu Shao-chi, agente fedele dei proprietari terrieri e della borghesia, iniziò le sue attività di opposizione alla rivoluzione socialista. Predicando in modo molto esplicito che “lo sfruttamento ha i suoi meriti” e che bisogna “consolidare l’ordine della nuova democrazia” e “proteggere la proprietà privata”, Liu Shao-chi voleva in realtà edificare il capitalismo e non il socialismo. Sulla scia di questa linea politica reazionaria, lui e i suoi agenti negli ambienti letterari e artistici presentarono al pubblico La vita di Wu Hsun(11), film reazionario che esaltava in modo isterico il culto di Confucio e si opponeva alla rivoluzione popolare. Il personaggio glorificato dal film era un difensore del feudalesimo e un adoratore di Confucio, tanto spregevole quanto vile. Lodandolo, Liu Shao-chi e i suoi simili volevano elogiare Confucio e diffondere la dottrina di Confucio e di Mencio. Il presidente Mao diresse di persona la critica di questo film e mise a nudo il volto laido di quegli adoratori di Confucio che erano Liu Shao-chi e soci. Egli disse: “Per molti autori lo sviluppo della storia non è la sostituzione del nuovo col vecchio, ma il mantenimento a tutti i costi del vecchio per impedirgli di scomparire; non è il rovesciamento, attraverso la lotta di classe, dei governi feudali, reazionari, che devono essere rovesciati, ma, come avvenne per Wu Hsun, la negazione dell’esistenza della lotta di classe da parte del popolo oppresso e la capitolazione davanti a quei governi”. Questo giudizio colpì nel punto debole i revisionisti e tutti gli adoratori di Confucio e assestò un colpo decisivo alla dottrina di Confucio e di Mencio.
Ma la lotta è proseguita. Nel corso della rivoluzione e dell’edificazione socialista è spesso successo che i revisionisti abbiano fatto ricorso a questa dottrina per preservare e mantenere il vecchio sistema. Nel 1953, confutando le idee reazionarie dei proprietari terrieri e della borghesia compradora che si opponevano alla trasformazione socialista, il presidente Mao fece notare che Confucio aveva avuto in larga misura un modo d’agire dispotico e dei comportamenti fascisti. Detto altrimenti, Confucio era un irriducibile reazionario e tutti i rivoluzionari e i patrioti dovevano 125 rompere con le sue pratiche. A partire dal secondo semestre del 1955, con lo slancio della trasformazione socialista nel nostro paese, centinaia di milioni di contadini, presero di buon grado la via della cooperazione. Liu Shao-chi e soci si fecero nuovamente avanti per ribadire la vecchia solfa del giusto mezzo; calunniarono la cooperazione affermando che era “troppo presto” per farla, che le cooperative erano “troppo numerose” e ordinarono di ridurne drasticamente il numero. Il presidente Mao pubblicò allora Sul problema della cooperazione agricola e pubblicò un’antologia dal titolo Alta marea del socialismo nelle campagne cinesi in risposta alle attività sabotatrici di Liu Shao-chi e soci. Nella nota introduttiva a un articolo della raccolta, egli criticò in modo approfondito Confucio e il suo canone nonché l’abbietto Liu Shao-chi il quale, in omaggio a Confucio e per tornare agli antichi, si era recato in “pellegrinaggio” a Chiufu (paese natale di Confucio, nella provincia del Shantung). Mao Tse-tung sottolineò: “La popolazione del paese natale di Confucio ha creato una cooperativa socialista. Ancora molto povera dopo più di duemila anni, essa ha visto la sua vita economica e culturale cominciare a trasformarsi nel corso dei tre anni successivi alla fondazione della cooperativa. Ciò prova che il socialismo che edifichiamo è effettivamente qualcosa di mai intrapreso dagli antichi. Esso è infinitamente superiore ai ‘canoni’ confuciani. Consiglio a chi si è compiaciuto di andare a visitare il tempio e il bosco di Confucio di recarsi in questa cooperativa”. Risulta chiaramente da questa profonda analisi di classe che la dottrina di Confucio e di Mencio non è minimamente utile al popolo lavoratore e che solo il socialismo può salvare la Cina e dare felicità al popolo. In un tempo relativamente breve, il nostro popolo, diretto dal partito, ha realizzato, nell’essenziale, la trasformazione socialista per ciò che riguarda la proprietà dei mezzi di produzione.
Nel 1955, nel corso della lotta per criticare il gruppo controrivoluzionario di Hu Feng, il presidente Mao difese risolutamente la dittatura del proletariato e confutò tutti gli attacchi lanciati contro di essa dai controrivoluzionari. Criticando una lettera sinistra di quel gruppo, il presidente Mao fece notare: “In quella lettera, la formula ‘le forze feudali latenti massacrano furiosamente’ rivela il terrore provato dal gruppo controrivoluzionario di Hu Feng di fronte alla grande lotta condotta dalle forze rivoluzionarie del nostro popolo per reprimere le forze controrivoluzionarie. Questo sentimento è comune a tutte le classi, a tutti i gruppi e a tutti gli individui che si oppongono alla rivoluzione. Ciò che li spaventa è proprio quello che rallegra le masse popolari rivoluzionarie”. L’attacco e le calunnie contro il proletariato, tacciato di essere “una forza feudale latente”, da parte del gruppo controrivoluzionario di Hu Feng, erano tipicamente reazionari, la tipica posizione di chi adora il confucianesimo e si oppone alla scuola legista(12). Questa lotta permise a tutto il popolo di ricevere una profonda educazione sulla questione di come individuare i gruppi e gli elementi controrivoluzionari e migliorare il suo livello di coscienza sulla lotta contro il nemico.
Nel 1958, guidato dalla linea generale del partito: “Edificare il socialismo secondo i principi di dispiegare ogni sforzo, di andare sempre avanti, di rapidità, quantità, qualità ed economia”, e osando pensare, esprimersi e agire, tutto il La critica del confucianesimo e la lotta tra le due linee in seno al PCC Mao Tse-tung - OPERE 126 popolo si lanciò nel grande balzo in avanti. Il presidente Mao scrisse una calorosa epigrafe per il primo trattore fabbricato dalla classe operaia cinese: “Gli umili sono i più intelligenti, i nobili i più sciocchi!”. Era una conclusione che costituiva una critica profonda della concezione reazionaria della storia predicata da più di duemila anni dai discepoli di Confucio e di Mencio secondo la quale “in alto si trova l’intelligenza, in basso la stupidità” e un grande incoraggiamento alle centinaia di milioni di rivoluzionari; le masse popolari non avevano mai manifestato un morale e una combattività così elevati. “Tutte le ideologie decadenti e tutti gli altri elementi marci che esistono nella sovrastruttura si vanno di giorno in giorno disgregando. Certo, ci vuole ancora del tempo per spazzar via tutti questi residui, ma la loro scomparsa è certa, inevitabile”. I folgoranti attacchi lanciati dal proletariato contro la borghesia nei settori della sovrastruttura, compresi i settori culturali, impressero un energico slancio alla causa socialista.
Il rapido progresso della rivoluzione e dell’edificazione socialista in Cina suscitò il terrore e l’odio della borghesia e dei suoi agenti nel nostro partito, come Liu Shaochi, Lin Piao, Peng Teh-huai e soci. Nel 1959, in occasione dell’ottava sessione plenaria del Comitato centrale uscito dall’ottavo Congresso del partito, Peng Tehhuai, gettando la maschera, attaccò perfidamente la linea generale del partito, si oppose al grande balzo in avanti, alle comuni popolari e al movimento rivoluzionario di massa nel tentativo di impadronirsi della direzione del partito e del potere statale e di rovesciare la dittatura del proletariato. Sotto la direzione del presidente Mao tutto il partito mise tempestivamente nell’impossibilità di nuocere la linea opportunista di destra di Peng Teh-huai e nel corso della lotta denunciò in modo approfondito la sua concezione reazionaria del mondo. Peng Teh-huai non è mai stato un marxista. Già all’epoca della Guerra di resistenza contro il Giappone aveva propagandato “la libertà, l’uguaglianza e la fraternità” nonché il precetto confuciano “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Il presidente Mao aveva osservato che queste posizioni erano antimarxiste, borghesi e dirette a ingannare il popolo. Prima del trionfo della rivoluzione, predicare quel precetto confuciano significava riconciliare le classi, opporsi all’uso della guerra rivoluzionaria e ad altri metodi politici per abbattere il nemico e liquidare la rivoluzione. Dopo la vittoria della rivoluzione, predicare questo precetto significava compiangere i proprietari terrieri, i contadini ricchi, i controrivoluzionari, i cattivi elementi e gli elementi di destra rovesciati, liquidare la dittatura del proletariato e restaurare il capitalismo. Ecco l’essenza dell’opportunismo di destra di Peng Teh-huai. La critica fatta dal presidente Mao di questo punto di vista reazionario è estremamente importante nel senso che ci permette di attenerci alla teoria marxista delle classi e della lotta di classe e della dittatura del proletariato. Finché esisteranno le classi e la lotta di classe, si porrà solo la questione “di fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”, di contare strettamente sulla dittatura del proletariato per colpire risolutamente il nemico e difendere gli interessi del proletariato e del resto del popolo.
Dopo l’annientamento della linea opportunista di destra di Peng Teh-huai, Liu Shao-chi si fece portavoce della tendenza anticinese, anticomunista e 127 controrivoluzionaria provocata dall’imperialismo, dal revisionismo e dalla reazione sul piano internazionale e sollevò un funesto vento di restaurazione controrivoluzionaria. Nel 1962 Liu Shao-chi fece ripubblicare per la terza volta il suo sinistro libro sul “perfezionamento individuale” impregnato di idee perniciose ispirate a Confucio e a Mencio. In quel libro egli passa sotto silenzio la dittatura del proletariato, la lotta tra la borghesia che vuole la restaurazione e il proletariato che vi si oppone; anzi, predica con calore il perfezionamento individuale tra quattro mura e lontano dai tre grandi movimenti rivoluzionari (la lotta di classe, la lotta per la produzione e la sperimentazione scientifica) e chiede ai comunisti di imparare i precetti confuciani “fedeltà e indulgenza”, “rendere il bene per il male”, “sopportare l’ingiustizia nell’interesse della comunità”, “sopportare le umiliazioni e sopportare pesanti fardelli”, ecc. Egli diede inoltre il suo appoggio a un simposio nefasto in cui si cantavano le lodi di Confucio. Agendo in tal modo, Liu Shao-chi voleva avviare una “evoluzione pacifica” ricorrendo alla dottrina di Confucio e di Mencio, avviare la sua linea revisionista e controrivoluzionaria, rovesciare la dittatura del proletariato e restaurare il capitalismo. Rispondendo alle furiose attività cospirative di Liu Shaochi e soci, il presidente Mao lanciò, in occasione della decima sessione plenaria del Comitato centrale uscito dall’ottavo Congresso del partito, il grande appello: “Non dimenticare mai l’esistenza delle classi e della lotta di classe” e formulò in modo ancora più completo la linea fondamentale del partito per tutto il periodo storico del socialismo. Nel 1963 scrisse il famoso articolo Da dove vengono le idee giuste? nel quale criticò la teoria idealista della conoscenza ripresa da Liu Shao-chi e confutò i sermoni fatti da questi sul “perfezionamento individuale” allo scopo di opporsi alla rivoluzione proletaria e alla dittatura del proletariato.
La grande Rivoluzione culturale proletaria scatenata e diretta personalmente dal presidente Mao è un generale regolamento di conti con la linea revisionista e controrivoluzionaria di Liu Shao-chi e un profondo movimento di critica di Confucio. Nella Circolare del 16 maggio (1966) del Comitato centrale del Partito comunista cinese, documento programmatico di quella rivoluzione, il presidente Mao inserì un passaggio per confutare l’assurdità diffusa da Liu Shao-chi e dai suoi simili secondo la quale “tutti sono uguali di fronte alla verità” e per criticare i pretesi rapporti di benevolenza, giustizia, virtù esaltati dalla dottrina di Confucio e di Mencio. Egli sottolineò in modo esplicito: “I rappresentanti della borghesia che si sono infiltrati nel partito, nel governo, nell’esercito e nei diversi ambienti culturali costituiscono un’accozzaglia di revisionisti controrivoluzionari”. “Sono dei lacchè fedeli della borghesia e dell’imperialismo e d’accordo con loro si attengono ostinatamente al sistema ideologico col quale la borghesia opprime e sfrutta il proletariato, si attengono ostinatamente al regime capitalista, si oppongono all’ideologia marxistaleninista e al regime socialista. Sono una banda di controrivoluzionari anticomunisti che vanno contro il popolo; la lotta contro di noi è per loro una lotta all’ultimo sangue nella quale non vi è la benché minima ombra di uguaglianza. La lotta contro di loro non può quindi che essere per noi una lotta all’ultimo sangue, i nostri rapporti con loro non sono in alcun modo dei rapporti d’uguaglianza, ma dei rapporti di La critica del confucianesimo e la lotta tra le due linee in seno al PCC Mao Tse-tung - OPERE 128 oppressione di una classe da parte di un’altra classe cioè dei rapporti di dittatura del proletariato sulla borghesia nei quali non c’è né uguaglianza né coesistenza pacifica né alcunché d’altro tra classi sfruttatrici e classi sfruttate, né niente di tutto ciò che si chiama umanità, giustizia, virtù, ecc.”. In tal modo il presidente Mao Tse-tung ha tracciato un giusto orientamento per questa rivoluzione: criticare il revisionismo, la dottrina di Confucio e di Mencio e tutte le altre ideologie delle classi reazionarie e decadenti e ha messo in luce la sua natura di grande rivoluzione politica diretta a consolidare la dittatura del proletariato e a prevenire la restaurazione del capitalismo. Nel corso di questa rivoluzione, seguendo gli insegnamenti del presidente Mao, il partito, l’esercito e tutto il popolo si sono impegnati in una lotta all’ultimo sangue contro la linea revisionista e controrivoluzionaria di Liu Shao-chi e hanno riportato una vittoria decisiva, che ha consolidato e rafforzato notevolmente la dittatura del proletariato in tutti i campi della sovrastruttura, compreso l’insieme dei settori culturali.
Dopo aver distrutto il quartier generale borghese capeggiato da Liu Shao-chi, il nostro partito ne annientò un altro diretto da Lin Piao. Lin Piao era un discepolo di Confucio. Nel suo covo abbondavano i rifiuti ideologici della dottrina di Confucio e di Mencio e aleggiava un tanfo nauseabondo dato dal culto di Confucio
e dal ritorno agli antichi. Lin Piao fece un amalgama di questa dottrina, destinata al mantenimento e alla restaurazione della schiavitù e delle assurdità revisioniste e ne fece il fondamento ideologico della sua linea revisionista e controrivoluzionaria. Egli riprese il programma avanzato da Confucio per risuscitare il sistema schiavista: “moderarsi e far ritorno ai riti”, che considerava la cosa più importante. Per “far ritorno ai riti”, cioè restaurare il capitalismo e rovesciare la dittatura del proletariato, si affrettò a lanciare un programma politico che consisteva nel mantenere a tutti i costi il posto di presidente della repubblica e il suo programma teorico idealista che consisteva nella teoria del “genio”. Scoprendo il complotto di Lin Piao e soci diretto a impadronirsi del potere e a restaurare il capitalismo, il presidente Mao ribadì la direttiva che non esiste più la carica di presidente della repubblica; in risposta al programma teorico di Lin Piao e di Chen Po-ta, criticò in modo particolare la teoria del “genio” osservando acutamente che non possiamo che attenerci alla posizione del marxismo-leninismo e non dobbiamo assolutamente fare causa comune con i sofismi di Chen Po-ta sulle seguenti questioni: sono gli eroi o gli schiavi a fare la storia? Le conoscenze (le capacità fanno parte delle conoscenze) sono innate o acquisite? Bisogna praticare l’apriorismo, teoria idealista o la teoria materialista del riflesso? La profonda critica dell’apriorismo fatta dal presidente Mao mostra che il rinnegato e traditore Lin Piao che pretendeva di essere un “genio”, “un nobile tra i nobili”, “un superuomo” e “un destriero celeste” dotato di doni divini era in realtà uno sciocco che andava contro la corrente della storia.
Mentre chiamava in aiuto lo spettro di Confucio ed esaltava la sua dottrina e quella di Mencio, Lin Piao si diffondeva in maledizioni definendo “feroce” l’imperatore Shi Huang-ti dei Chin e “repressiva” la scuola legista, coll’intento di combattere la dittatura del proletariato. Molto tempo fa il presidente Mao criticò in modo incisivo questo punto di vista reazionario. Nel 1958, in occasione della 129 seconda sessione plenaria del Comitato centrale uscito dall’ottavo Congresso del partito, egli confutò i perfidi attacchi lanciati da Lin Piao contro la decisione dell’imperatore Shi Huang-ti dei Chin di “bruciare i libri e seppellire vivi i letterati confuciani”(13), approvò completamente il ruolo positivo svolto da quell’atto rivoluzionario, mise in luce il ruolo progressista della violenza rivoluzionaria e denunciò la natura reazionaria degli attacchi contro quell’imperatore, attacchi lanciati in realtà contro la violenza rivoluzionaria e la dittatura del proletariato. Attaccando questa dittatura mediante la denigrazione dell’imperatore Shi Huangti dei Chin, Lin Piao sollevò una pietra e se la fece cadere sui piedi.
I capifila delle linee opportuniste hanno sempre invocato Confucio in loro aiuto, ma Confucio non può salvarli dalla sconfitta. Lin Piao, che si paragonava a “un destriero celeste che percorre lo spazio, andando e venendo a suo piacimento”, subì una sconfitta completa nei suoi due tentativi di colpo di Stato controrivoluzionario(14). Il risultato fu che dopo essere stato smascherato, fuggì alla disperata per andare a consegnarsi al nemico, tradendo il partito e la patria e rimettendoci la pelle.

Un’esperienza storica importante

Non è un caso che in Cina tutti i capifila delle linee opportuniste hanno venerato Confucio e hanno lodato il confucianesimo. In quanto rappresentanti delle classi sfruttatrici infiltrate nel partito comunista, essi avevano la stessa impronta di quelle classi marce e decadenti; è quest’impronta che determina immancabilmente la loro opposizione alla rivoluzione e al progresso e le loro attività per la restaurazione e il regresso. Confucio ne fu il protagonista, il primo in ordine di tempo. Continuata e sviluppata dai reazionari del passato, l’ideologia confuciana diventò una dottrina sistematica diretta al mantenimento della dominazione reazionaria e rispondente ai bisogni politici di tutta la reazione, corrotta e moribonda. Fu inevitabilmente usata come arma ideologica dai capifila delle linee opportuniste in seno al partito nella loro opposizione alla rivoluzione proletaria e alla dittatura del proletariato.
Confucio formulò non solo una linea politica reazionaria diretta a restaurare la schiavitù, ma anche una linea ideologica reazionaria caratterizzata dall’idealismo e dalla metafisica. Egli diffondeva freneticamente la teoria idealista della “volontà del Cielo” e l’apriorismo secondo il quale “le conoscenze sono innate”, allo scopo di “provare” che la classe reazionaria dei proprietari di schiavi aveva ragione a opprimere e a sfruttare e di giustificare le azioni che andavano contro la direzione della storia commesse dall’aristocrazia proprietaria di schiavi. Le linee opportuniste nel partito “si caratterizzano per la rottura tra soggettivo e oggettivo, per la separazione tra conoscenza e pratica”. I loro capifila seguivano una linea ideologica reazionaria “dal soggettivo all’oggettivo”, la cui origine era, tra le altre, l’apriorismo, teoria idealista predicata da Confucio. In Sulla pratica, il presidente Mao spiegò in modo approfondito le caratteristiche ideologiche di tutti questi testardi: “Le loro idee sono avulse dalla pratica sociale; non sanno andare davanti al carro della società e guidarlo, gli si trascinano dietro, lamentandosi che cammini troppo in fretta e cercano di riportarlo indietro e di farlo marciare in senso inverso”. Allo stesso modo di Confucio, i capifila delle linee opportuniste in seno al partito facevano tutti parte di questa razza. Per impedire l’avanzata della rivoluzione e riportare indietro la storia, gli opportunisti non possono non ricorrere all’idealismo e alla metafisica reazionaria di Confucio e ne fanno la loro base filosofica.
Dato che le classi dominanti reazionarie incoraggiarono e imposero la linea politica e ideologica reazionaria di Confucio, la sua ideologia diventò il pensiero dominante della società cinese feudale, semifeudale e semicoloniale in declino. Il presidente Mao afferma: “Le classi dominanti educavano gli studenti nella dottrina di Confucio, obbligavano il popolo a credere al sistema confuciano come a un dogma religioso”. Egli osservò inoltre che la liberazione definitiva di tutto il popolo dalla dottrina di Confucio e di Mencio “richiede ancora grandi sforzi e resta un compito immenso da portare a termine sulla via della trasformazione rivoluzionaria”. Decenni di lotta hanno provato che questo giudizio del presidente Mao è assolutamente giusto. La dottrina di Confucio e di Mencio esercita ancora una certa influenza su tutti i settori della società. Di conseguenza, chiunque pratichi in Cina l’opportunismo ricorre immancabilmente a questa dottrina utilizzandone la tradizionale influenza per vendere la sua merce. È questa la causa storica del culto di Confucio praticato da tutti i capifila delle linee opportuniste in Cina.
Risalendo alla loro origine ideologica e di classe, il presidente Mao ha colto questa caratteristica delle linee opportuniste nel nostro partito. Egli ha sempre unito la critica di queste linee a quella della dottrina di Confucio e di Mencio in modo da difendere il marxismo, attenersi alla rivoluzione proletaria e alla dittatura del proletariato. È questa un’importante esperienza storica accumulata dal nostro partito nelle lotte tra le due linee. Al tempo della rivoluzione di nuova democrazia, il nostro partito e il nostro popolo rivoluzionario avevano il compito fondamentale di impadronirsi del potere. Issando la sinistra bandiera della dottrina di Confucio e di Mencio, i capifila delle linee opportuniste miravano a mantenere la dominazione reazionaria dell’imperialismo, del feudalesimo e del capitalismo burocratico in Cina. Per questo a quel tempo la lotta tra le due linee, che opponeva l’anticonfucianesimo al culto del confucianesimo, si svolse principalmente attorno a queste questioni fondamentali: bisogna fare la rivoluzione e portarla fino in fondo? Come avere una giusta comprensione delle leggi della rivoluzione cinese di nuova democrazia? Al tempo della rivoluzione socialista, dopo la presa del potere da parte del proletariato, questa lotta è stata centrata su queste domande fondamentali: bisogna consolidare la dittatura del proletariato? Bisogna proseguire la rivoluzione sotto la dittatura del proletariato? Bisogna seguire la via socialista o la via capitalista? I capifila delle linee opportuniste hanno continuato a invocare lo spettro di Confucio di “moderarsi e far ritorno ai riti”, per rovesciare cioè la dittatura del proletariato e restaurare il capitalismo. Nel corso delle lotte tra le due linee nei diversi periodi storici, il presidente Mao mise a nudo la comune natura reazionaria delle linee opportuniste 131 e della dottrina di Confucio e di Mencio, criticando Confucio e rivelando i rapporti tra questa e quelle. Col continuo approfondimento della rivoluzione socialista, la lotta per criticare il revisionismo e la dottrina di Confucio e di Mencio continuerà a svilupparsi e a guadagnare in profondità su tutti i fronti, in tutti i campi dell’ideologia e della cultura e trasformerà l’uomo nella sua concezione del mondo. Questa critica, che eliminerà le influenze tradizionali di questa dottrina e di tutte le altre ideologie delle classi reazionarie e decadenti, è estremamente importante per combattere e prevenire il revisionismo, consolidare la dittatura del proletariato e impedire la restaurazione del capitalismo.


NOTE

1. Chen Tu-hsiu era professore dell’università di Pechino e diventò famoso come redattore della rivista Gioventù nuova. Tra i fondatori del Partito comunista cinese,
ne divenne segretario generale grazie alla reputazione che acquistò durante il Movimento del 4 maggio e all’inesperienza del partito che era stato appena fondato. Le idee deviazioniste di destra rappresentate da Chen Tu-hsiu in seno al partito degenerarono in una linea capitolazionista durante l’ultimo periodo della rivoluzione del 1924-27. A quel tempo i capitolazionisti abbandonarono volontariamente la direzione del partito sulle masse contadine, sulla piccola borghesia urbana, sulla media borghesia e in particolare sulle forze armate. Ciò provocò la sconfitta di quella rivoluzione. Dopo la sconfitta della rivoluzione nel 1927, Chen Tu-hsiu e un pugno di capitolazionisti cedettero al pessimismo, persero fiducia nel futuro della rivoluzione e divennero dei liquidazionisti. Adottarono la posizione reazionaria trotskista e formarono con i trotskisti un gruppuscolo antipartito. Di conseguenza, Chen Tu-hsiu fu espulso nel novembre 1929 dal partito.
2. Le “tre principali regole di condotta” e le “cinque virtù costanti” furono formulate da Tung Chung-chou, pensatore reazionario della classe dei proprietari terrieri del II secolo a.C. Le tre regole di condotta sono: “il sovrano guida i ministri, il padre guida i figli e il marito guida la moglie”, cioè la volontà del Cielo vuole che l’imperatore, il padre, il marito abbiano il potere assoluto di dominare mentre i ministri, i figli e le donne hanno il dovere di obbedire. Esse trovarono la loro incarnazione nel potere politico, del clan, religioso e maritale che diventarono quattro grosse corde che legarono per più di duemila anni il popolo cinese, soprattutto i contadini. Le cinque virtù costanti sono cinque principi che si pretendono immutabili: benevolenza, giustizia, riti, intelligenza e lealtà, criteri morali reazionari raccomandati dalla scuola confuciana per mantenere e conciliare i rapporti nell’ambito delle tre regole.
3. La linea opportunista “di sinistra” di Wang Ming dominò nel partito nel corso del periodo che va dalla quarta sessione plenaria (gennaio del 1931) del Comitato centrale uscito dal sesto Congresso del partito alla riunione dell’Ufficio politico del Comitato centrale che ebbe luogo a Tsunyi (provincia del Kweichow) nel gennaio del 1935. Questa riunione la fece finita con il dominio della linea errata e diede una nuova direzione al Comitato centrale capeggiata da Mao Tse-tung. La linea erronea “di sinistra” regnò particolarmente a lungo (quattro anni) nel partito e provocò danni estremamente La critica del confucianesimo e la lotta tra le due linee in seno al PCC Mao Tse-tung - OPERE 132 gravi al partito e alla rivoluzione. Le conseguenze funeste dell’applicazione di questa linea si manifestano nel fatto che circa il 90 per cento degli effettivi del Partito comunista cinese, dell’Esercito rosso cinese e delle basi d’appoggio furono perduti e che decine di milioni di persone, nelle basi rivoluzionarie, furono sottoposte alla feroce repressione esercitata dal Kuomintang. Tutto ciò frenò i progressi della rivoluzione cinese.
4. Tung Chung-chou (179 circa-104 a.C.) era il rappresentante della scuola confuciana al tempo della dinastia degli Han occidentali e un pensatore reazionario della classe dei proprietari terrieri. Per consolidare la dominazione autocratica feudale, propose di “praticare il culto esclusivo del confucianesimo e di screditare le altre scuole” facendo così di quella dottrina l’ideologia ortodossa. Continuando e sviluppando la teoria reazionaria della volontà del Cielo predicata da Confucio e da Mencio, creò un sistema teologico. Riteneva che nel mondo tutte le cose fossero ordinate dal Cielo (Dio) con uno scopo determinato e che era sempre il Cielo che aveva concesso all’imperatore feudale il potere di dominare. Diffuse il punto di vista metafisico che “il Cielo è immutabile, immutabile è il Tao” e formulò il dogma reazionario delle “tre principali regole di condotta” e delle “cinque virtù costanti” in modo da dare un fondamento teorico alla politica di consolidamento della dominazione e dell’ordine feudali.
5. Nella Cina feudale, dal XV al XIX secolo il sistema degli esami imperiali prevedeva una dissertazione redatta secondo un piano particolare, che comprendeva otto divisioni. Le ultime quattro divisioni erano composte ciascuna da una tesi e da un’antitesi, il che, in totale, dava otto parti. Di conseguenza, questo tipo di dissertazione si chiamava “saggio in otto parti”. Era un tipo di scritto privo di ogni contenuto che giocava con le parole e si preoccupava solo della forma. Ogni parte doveva seguire regole immutabili e fare uso di un determinato numero di caratteri; bisognava quindi, per comporla, conformarsi meccanicamente alle formule richieste dal soggetto. Lo “stile stereotipato nel partito” designa il modo di scrivere di alcuni esponenti delle file rivoluzionarie; essi non procedevano ad alcuna analisi dei fatti, si contentavano di usare a casaccio termini ed espressioni rivoluzionari e i loro articoli erano solo un’interminabile vaniloquio come i “saggi in otto parti”.
6. Il movimento di rettifica dello stile di lavoro è un movimento generale per l’educazione marxista e per lo studio del marxismo in tutto il partito, tramite la critica e l’autocritica. Il movimento di rettifica dello stile di lavoro a Yenan designa il movimento che si sviluppò nel 1942 a Yenan e nelle basi d’appoggio antigiapponesi contro il soggettivismo, il settarismo e lo stile stereotipato nel partito.
7. Tsen Kuo-fan (1811-1872) era un funzionario del governo dei Ching. Dopo lo scoppio della guerra contadina del Regno celeste dei Taiping si accanì a organizzare una forza armata controrivoluzionaria e diventò il traditore e il boia che, in connivenza con le forze delle potenze estere, represse i Taiping. Impugnando la bandiera a brandelli del razionalismo idealista, calunniò e attaccò violentemente le idee antifeudali dei Taiping.
8. Li Hung-chang (1823-1901) era un funzionario reazionario della fine della dinastia dei Ching. Dopo lo scoppio della guerra contadina del Regno celeste dei Taiping, divenne anche lui un traditore e un boia che, in collusione con le forze d’aggressione straniere, represse i Taiping. Partigiano irriducibile del tradimento nazionale e della capitolazio- 133 ne, concluse con gli aggressori stranieri diversi trattati che svendevano i diritti sovrani della Cina e umiliavano il paese e aprì la via all’aggressione imperialista in Cina.
9. Wang Ching-wei (1883-1944), supertraditore, allo scoppio della Guerra di resistenza contro il Giappone era vicepresidente del Kuomintang. Lasciò Chungking, sede del governo del Kuomintang e si arrese nel dicembre 1938 agli aggressori giapponesi. Nel 1940 assunse le funzioni di presidente del governo nazionale fantoccio a Nanchino. Pretendeva che quello che i traditori della nazione chiamavano “pacifismo” fosse “l’essenza del confucianesimo” e considerava “estremamente assurda” l’opposizione a quella dottrina.
10. Il libro di Liu Shao-chi si intitola Come diventare un buon comunista.
11. La vita di Wu Hsun è un brutto film che calunnia le tradizioni rivoluzionarie del popolo cinese e predica la dottrina di Confucio e di Mencio. Wu Hsun, vissuto all’epoca della dinastia dei Ching, era un lacchè della classe dei proprietari terrieri. Ma il film lo presenta come “un grande personaggio” che si sacrificava per dare la possibilità di istruirsi ai figli dei contadini poveri.
12. Il legismo è una scuola politico-filosofica sorta in Cina nel periodo dei Regni Combattenti (475-221 a.C.). Il maggiore esponente della scuola fu Han Fei, vissuto nel III secolo a.C. La scuola legista si contrapponeva alla scuola confuciana in quanto sosteneva la distinzione tra morale e politica e proponeva un buon governo basato su di un imparziale sistema legislativo.
13. L’imperatore Shi Huang-ti dei Chin (259-210 a.C.) stabilì il primo impero feudale unificato dei proprietari terrieri della storia cinese. “Bruciare i libri e seppellire vivi i letterati confuciani” è una misura dittatoriale presa da questo imperatore contro le forze schiaviste di restaurazione per consolidare il potere della classe feudale dei proprietari terrieri.
14. Nell’agosto del 1970, nel corso della seconda sessione plenaria del Comitato centrale uscito dal nono Congresso del partito, Lin Piao scatenò un putsch controrivoluzionario che fallì; nel marzo dell’anno successivo elaborò un piano di colpo di Stato armato controrivoluzionario chiamato Progetto di lavoro 571 e l’8 settembre scatenò un putsch armato diretto ad attentare alla vita del presidente Mao e a costituire un Comitato centrale parallelo. Sconfitto, il 13 settembre prese in gran segreto un aereo per cercar rifugio nelle braccia del revisionismo sovietico e si schiantò al suolo a Ondor Haan, in Mongolia





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