domenica 26 gennaio 2020

Emilia Paranoica



Se i 5 Stelle vogliono essere consumati e distrutti, era un po' che non si annoiavano, il PD aspetta un'emozione sempre più indefinibile. In effetti cosa se non la famosa canzone dei CCCP è metafora dell'attuale auto-distruzione sinistrata in Emilia?

"Emilia di notti, dissolversi stupide sparire una ad una,
Impotenti in un posto nuovo dell'ARCI."

Potrebbe essere la nenia terrificante che martella nelle teste di Bonaccini e della sua truppa sardinata mentre i barbari espugnano l'ultima cittadella. Il cantante dei CCCP, Giovanni Lindo Ferretti, aveva capito l'antifona già da tempo (infatti la canzone è degli anni 80') ed era salito con largo anticipo sul carro del vincitore della destra. Ma con una una certa coerenza bisogna dire, per cui secondo me bisogna rifiutare qualsiasi ipotesi di tradimento. 

Mentre il giochetto del citofono di Salvini, attentamente calcolato e studiato, ha già da molto spostato quel definitivo 2% di elettori verso la Lega, avventuriamoci in qualche riflessione, col rischio di scrivere un articolo che di qui a qualche ora potrebbe invecchiare, nel caso il cessosinistra vincesse.

Ebbene sì, l'opinione dello scrivente è che la Lega vincerà le prossime elezioni di Emilia Romagna. E anche ammesso che non le vincesse, sarebbe una casualità fortuita che rimanderebbe l'agonia del PD a data da destinarsi. La vittoria della Lega in Emilia è nell'aria esattamente come era nell'aria la vittoria di Trump in America, nonostante tutte le quintalate di sondaggi artefatti e contrari. Potremmo dire che la sondaggistica serve proprio per mascherare questi fenomeni nell'astratta matematizzazione, la quale perdendo quintali e quintali di qualità rischia di non cogliere le tendenze storiche.

Il Partito Democratico ha puntato la sua intera campagna sull'elettorato urbano. Non c'è praticamente nessuna tematica che potrebbe conquistare le periferie. Ecologismo verde, sardine, l'odio della plebe, l'invidia del povero verso chi ha successo. L'Emilia Paranoica descritta nella canzone dei CCCP è invece proprio quella delle periferie, dove non si trova affatto più quella vita bucolica agrestre o quel senso di comunità primigenio che sta nelle teste degli ideologi reazionari. Anzi queste periferie sono la roccaforte del nichilismo, piene di individui annoiati, isolati, senza futuro e senza prospettive, senza nemmeno poter godere di quel simulacro di divertimento che garantiscono i centri urbani. 

Ecco, questo qua, oltre ovviamente alle famiglie benestanti di periferia, è il bacino elettorale della Lega. I falliti, i miserabili impotenti, i risentiti verso il sistema. Attenzione, non stiamo dicendo i "proletari", col che si potrebbe pensare che la Lega sia la nuova sinistra (scemenza che non commenterei nemmeno). Quella che segue la Lega è una generica plebe composta di piccola borghesia frustrata, con anche pezzi di proletari ma solo perché superificialmente è impossibile distinguerli. A questi il sardino Mattia Sartori non ha che da proporre di stare zitti e in silenzio quando icompetenti parlano, di smetterla di odiare e di volere male. 



Dove il PD mobilita le folle oceaniche sardinate, e il sostegno delle sardine a Bonaccini ormai è diventata una cosa impossibile da nascondere, è nei centri urbani, e le sardine sono composte da quei nichilisti compiuti con sedere parato da loro stessi o dai genitori che sono nietschianamente in grado di vivere e di farsi portatori della volontà di potenza che impera nel neoliberismo, senza il risentimento mendace del popolino. 

Questa base di massa del PD non può certo consentirgli di governare più, dato che l'Emilia Paranoica delle periferie si ingrossa sempre di più a causa delle riforme neoliberiste. Perché, diciamocelo, il modello Emilia Romagna era già una stronzata ai tempi di Berlinguer. Serviva per coprire la rincorsa del PCI verso poltronifici e carrierismo. Il risentimento verso un modello corrotto e nepotista di gestione del pubblico e dell'erario è andata praticamente a totale vantaggio della Lega. Il nuovo disegno dominante di cooptare la critica anti-sistema è totalmente riuscito: un partito come i 5 stelle annichilito dall'esperienza di governo, la reazione leghista che ne approfitta.

Questi sono i dati per chi vuole vederli, per chi non è annebbiato da quel perverso gioco abbrutente della società dello spettacolo, nella quale i politici non sono che buffoni e nella quale gli ideali posticci e post-moderni non sono che coperture per uno scontro inter-borghese che gioca anche in Italia la sua partita, e che per i poveracci usati come milizie dai vari schieramenti non vedrà alcun vantaggio.

Questa la sostanza dello scontro in atto. E le alternative, comunque presenti soprattutto a sinistra, saranno schiacciate da questa contrapposizione frontale e dal ricatto padronale del voto utile. Ormai sono anni che ci dicono: dai sai già che dal nostro giochetto elettorale non potrai ottenere granché, ma cosa ti costa? Vota, incazzati, sardinizzati, gretizzati, fascistizzati, costruisci la tua triste pantomima postmoderna priva di idee, basta che giochi dentro il sistema. Perchè se invece ti incazzi veramente, come in Francia, in Cile, in Libano e in varie altre parti del mondo, lì le mazzate partono pesanti. E anche se sei tu e quattro tuoi amici a scioperare, sarai buttato in cella per l'infame decreto o sarai comunque bastonato a dovere.

Insomma, questa è la reale situazione per chi voglia vederla. Brutta, bella? Il negativo si converte sempre in positivo, bisogna solo sapere qual'è, per non industriarsi per conto d'altri a convertire il proprio positivo col proprio negativo. Per chi abbia voglia della dolce droga del potere, di intontirsi in mezzo a schermi, social e cagnare televisive, se si sente male c'è sempre un po' di MDMA, qualche antidepressivo e un video di gattini e passa tutto.


mercoledì 15 gennaio 2020

Brancaccio definitivo su Craxi

Byoblu, 15 gennaio 2020 – Dopo la sciocchezza delle tangenti generatrici di debito pubblico, va di moda in questi giorni un’altra favola politica: quella che celebra Craxi come un “sovranista” della prima ora, una sorta di tenace oppositore dei poteri forti della grande finanza globale. In realtà Craxi sostenne la compressione dei disavanzi primari tramite una maggior tassazione sul lavoro, fu acerrimo nemico delle rivendicazioni salariali, fu tra i primi architetti delle privatizzazioni, e soprattutto fu tra i primi sostenitori di una “modernizzazione” basata sull’apertura del paese ai processi di liberalizzazione finanziaria e di integrazione negli assetti capitalistici europei e globali. Quando si rese conto che questo “globalismo ante litteram” sarebbe caduto sulla sua testa e su quella di un’intera classe politica, era ormai troppo tardi. Un’intervista all’economista Emiliano Brancaccio dell’Università del Sannio.




Da verdersi anche il video in cui approfondisce molto più oggettivamente questo concetto, dove parla di "Craxi globalista ante-litteram". (NDA)

lunedì 13 gennaio 2020

Il governo Conte di Montecristo


Tra uno sbadiglio e l'altro il governo Giuseppi va avanti. Trattasi del governo politico più soporifero della storia italiana. Persino alcuni governi tecnici erano più entusiasmanti.

Una cosa però non può che stupire: non è quel governo d'assalto liberista e fascista che vorrebbero i padroni (un PD o un Monti per fare qualche esempio). Certo, questo è comunque un progetto di lungo periodo da tirare fuori al momento opportuno. Nonostante le apparenze di governo dei poteri forti, non è infatti questo il loro volere. Le privatizzazioni estese di sanità e scuola pubblica procedono più a rilento del previsto e anche l'avvallamento atlantico ed europeo avviene sì, ma con non pochi mal di pancia. Insomma, Conte è un bravo scolaro ma non eccellente. Ciò è dato dalla natura delle forze di governo in campo: un PD zingarettiano molto più titubante, pur nella sua scorza interna servile e liberale, a causa di eccessive batoste elettorali e un 5 stelle non certo desideroso di fare la stessa fine, nonostante le recenti giravolte non dovrebbero illuderli in proposito. Giggì sarà pure scemo ma le addizioni almeno le sa fare: se andiamo ad elezioni senza niente in mano, lo scureggione mangiapanini ci fa a pezzi. Dunque che cosa si è fatto venire in mente? Governare senza servire troppo i padroni o almeno farlo discretamente, piano e poco, e portarsi a casa qualche contentino ed elemosina per il suo elettorato, come il reddito di cittadinanza. E lì i voti dovrebbero risalire. Da qui l'idea che a tutti è sembrata oscena e vergognosa di allearsi con il Satana in persona, il PD, ma che rispetto a quanto ho detto prima ha una sua logica. 



Ma. Ma c'è un ma. Ciò con cui Giggino non ha fatto i conti è la sete di sangue dei padroni italiani. La crescita italiana è fanalino di coda dell'Europa e i dividendi dei padroni italiani non sono ancora abbastanza alti. Nonostante le sforbiciate e le privatizzazioni persiste ancora il baraccone statalista ereditato dalla DC, indispensabile ai vari partiti per distribuirsi la macchina statale e soddisfare i propri uomini e i propri elettori. Per non parlare di un sistema sanitario elefantiaco e disorganizzato per quanto tra i migliori al mondo, ma assolutamente pubblico, per non parlare di scuola e università. Certo, tutti questi settori sono già stati pesantemente infiltrati dalle aziende attraverso partecipazioni e leggi ad hoc. Ma non basta. La crisi capitalistica si fa pesante e i capitalisti hanno bisogno di compotere col mercato. E come tutti i capitalisti, l'unico modo per farlo non sono tutte le scemenze di cui si riempono la bocca icompotenti come l'innovazione, la tecnologia e il merito ma sono le bastonate ai lavoratori, l'annullamento dei loro diritti, il loro sfruttamento e l'abbassamento dei loro salari. Da qui il sempre maggior numero di vertenze, dall'ILVA ad Arcerol Mittal. In tutti i casi il governo tentenna.

La deriva reazionaria che sta prendendo piede in tutto il mondo non fa ben sperare in questo senso. Ovunque ci voltiamo neoliberismo fa rima con fascismo. In questo senso chi strepita di populismi fascisti non è che un povero idiota senza appello. Quello che osserviamo è la reazione fascista padronale, a prescindere dal fatto che chi se ne fa portavoce è rosa (Lenin Moreno), blu (Macrì) o nero (Bolsonaro). In Italia si sta già creando in provetta il nuovo fascioliberismo: ovvero un governo del cessodestra a trazione salvianiana o (ancora meglio) meloniana. Epurata di ogni briciola di anti-europeismo, allineata al trumpismo-bannonismo e al sionismo, con qualche rimasuglio di timidissimo filo-putinismo che ai padroni italiani non dispiacerebbe, ma che non può esprimersi per diktat d'oltreoceano; questo è la rinnovata Lega di Matteo Salvini, un portentoso strumento nelle mani dei padroni. Questi infatti hanno visto che grazie al loro uomo sono stati in grado di far passare il divieto di blocco stradale, una legge fascista che azzoppa qualsiasi manifestazione, una manna per le future repressioni che si abbatteranno sui disperati. E non solo l'ha fatta passare, ma ha convinto anche molta gente che da quella legge verrà mazzuolata che si tratta di una buona legge e che chi vuole abolirla è un servo degli accoglioni piddini. I quali, pur avendolo promesso, non osano abolire l'infame decreto per il niet che gli viene dall'alto. 



I padroni si sono subito accorti dell'abilità incredibile di questa loro creatura. E la pompano come se non ci fosse un domani. Ormai da anni i media riportano qualsiasi scoreggia di Salvini e i suoi avversari si prestano a questa commedia. E preparano già il programma del prossimo governo: autonomia differenziata, Flat Tax e strette repressive sulle lotte sociali. Un programma pensato per disarticolare i rimasugli di statalismo da Prima Repubblica in una miriade di feudi e di Far West all'americana dove il più forte (le imprenditorie del Nord produttivo) beccano tutto. Spazzare via interi pezzi di welfare senza neanche prendersene la diretta responsabilità. 

Da ciò ne consegue un fatto. Il governo non è destinato a durare. Non tanto per l'eterogeneità della compagine governativa, ma per le pressioni centrifughe. Sia da fuori, nell'opposizione che i media consegnano felici al solo e unico Matteo Salvini, coadiuvato da Giorgia Meloni e dal vecchio magnaccia di Arcore (quest'ultimo molto più in sordina), ma anche da dentro, con il vecchio volpone Matteo Renzi che si è affrettato a scindersi insieme ai suoi sodali, forse però un tantino in anticipo sulla tabella di marcia e quindi costretto a continuare a sostenere il governo. Soffermiamoci su questo punto: perché scindersi proprio in questo momento e poi ritornare frettolosamente sui propri passi sostenendo il governo? Non possiamo, almeno per il momento, comprendere le reali implicazioni dietro questo gesto. Di certo sappiamo che il secondo (o il primo, a seconda del momento) Matteo, cioè il Renzi, ha l'abitudine, da maratoneta qual'è, di correre sempre troppo. Così è rovinato in passato e così rischia di rovinare di nuovo. Quest'azione azzardata di Renzi, per cui i commentatori politici di regime hanno digrignato i denti, è indicativa se non altro di un senso di distacco rispetto all'esperienza del governo Conte, pur dovendolo sostenere per mantenere la facciata. Il fatto che nel nuovo partito di Renzi, Italia Viva, sponsorizzato a destra e a manca dai soliti poteri, confluisca persino qualche politico del cessodestra e del peggior affarismo italiano, è la prova lampante che qualcosa sta bollendo in pentola. Non sappiamo ancora cosa, ma tutto fa propendere per una solidarietà col progetto del cessodestra salviniano al governo, non attraverso il voto ma attraverso il sabotaggio del governo dall'interno. 



D'altronde, pur nella sua titubanza, dettata unicamente da pavidità ed indecisione non certo da un istinto eroico, anche il cessosinistra deve cedere. Loro lo sanno da quando si sono arresi al nemico ormai 30 anni orsono, l'unico problema sono i loro elettori. Loro sanno che per servire i padroni del vapore in UE devono venire a patti con il più vergognoso nazismo ucraino e devono mandare in soffitta il loro supposto anti-fascismo nel nome dell'anticomunismo. Ed è per questo che hanno votato senza fiatare la mozione europea che equipara nazismo e comunismo, insieme ai loro sodali del Partito Socialista Europeo. L'unico problema sono i loro elettori, circuirli richiede tempo e soldi (Sardine). 

Insomma, ormai è tutto un gioco delle parti. Ma dietro ai commedianti c'è che sa giocare davvero. Che sia il buffone spompinapreti e sventolarosari a giocare la parte del nuovo garante degli interessi padronali dietro la fuffa di negri, presepi e crocifissi? Di certo la Lega, partito con una solida esperienza di governo regionale e comunale e con una solida base sociale nell'imprenditoria settentrionale, è il partito maggiormente candidato per questo ruolo. D'altronde, non ci sono tante altre alternative. La Meloni è niente più che una spalla, per quanto molto più in crescita. Il centrosinistra e i 5 stelle sono in bancarotta. La Lega si offre sempre di più come partito in linea col sistema e solo sotto questo profilo, si può comprendere l'elogio dell'euro fatto da Salvini sul Foglio, ormai comprimario nell'ascesa del buffone tramite la prezzemolina Annalisa Chirico. La zoccola d'alto bordo infatti, tra una spompinata al commendatore e una al politicante democristiano è riuscita a mettere insieme un bel po' di persone, che hanno benedetto la Santa Alleanza tra renziani e legaioli in un pubblico incontro. 




Perché dunque questo abbandono improvviso e definitivo della battaglia anti-euro proprio quando andava più tirata fuori dal cilindro per cavalcare l'opposizione a Conte? Semplicemente, perché la Lega ha necessità di accreditarsi con chi comanda IN QUESTO MOMENTO. Ovvero, la caduta del governo non è così lontana e questo sarebbe un altro punto a favore della nostra tesi. Come volevasi dimostrare. Il governo Conte di Montecristo si deve preparare alla vendetta...